Sbagliato identificarsi con il proprio lavoro

Identificarsi con il proprio lavoro, la professione che si fa, è un errore da evitare quanto più possibile 

Lavoro, mai identificarsi con la professione

Viviamo in un mondo fatto di etichette, risulta pertanto facile cadere nel tranello di arrivare a confondere quel che si fa con quel che si è. Il campanello d'allarme, che ci avverte quando siamo a grosso rischio confusione, è facilmente riconoscibile.
Se ci presentiamo dicendo frasi del tipo: "Piacere, il mio nome è x e sono un...(la professione o tipo lavoro)", in questo caso il processo di identificazione è ad uno stadio conclamato. Vediamo perché, l'identificazione con il proprio lavoro è sbagliata e fondamentalmente molto rischiosa per l'equilibrio del soggetto. 

Pensiamo per un attimo a cosa porta con sé, l'essere convinto di essere il proprio lavoro. 
Esempio: "Sono un architetto". Messa così, questa affermazione, ci costringere a essere un architetto 24 ore su 24, 365 giorni l'anno, 12 mesi su 12. E' possibile tutto ciò? Certo ma vediamo cosa comporta. L'architetto, ogni tanto gioca a tennis per hobby, ma non può sentirsi un tennista per diletto, egli infatti, è solo un architetto che gioca a tennis. Alla sera, il nostro architetto se ne torna a casa. Ha una moglie e due bambini ma non può sentirsi a pieno marito e padre. Il suo stato lo porta ad essere un architetto che fa il marito e il padre. Capite il pericolo? L'etichetta "architetto" diventa l'interfaccia per tutto il resto della vita di quest'uomo. Ciò, accade perché l'identificazione con la professione, è talmente profonda da impedire ad ogni altra attività di assumere, nel momento in cui viene svolta, l'identità momentanea dell'uomo. 

Ora, pensiamo per un attimo alla possibilità che, a seguito di una negligenza, all'architetto venga proibito di esercitare la sua professione. Cosa succede? Quest'uomo si trova d'improvviso spoglio di una identità  radicata così in profondità da dargli la sensazione di non avere più nulla al mondo. E' come se, una volta cancellata la cartella madre denominata "Architetto", tutte le sottocartelle si sparpagliassero su un tavolo senza un punto di riferimento. Il sistema di quest'uomo cade in confusione e ci vorrà del tempo e molto lavoro per riorganizzarlo.

Evitare di identificarsi con quel che si fa è salutare per il nostro equilibrio e per la nostra salute. Se vi identificate nella professione di imprenditore e gli affari dovessero portare al fallimento, vivrete l'insuccesso da un punto di vista personale fino a coinvolgere ogni cellula del vostro corpo. Se vi identificate nell'arte che portate in scena, il non apprezzamento altrui, potreste viverlo come una bocciatura alla vostra persona. 

Voi non siete il vostro lavoro, la vostra professione, l'arte o lo sport che fate. Voi fate delle cose in un determinato spazio per un determinato lasso di tempo. Stop. Non siete quel che fate. Fate quel che avete imparato a fare. E se una cosa va male o finisce poco bene, vuol dire che non avete trovato il modo giusto per ottenere risultati migliori. Tutto qua. Quando fate il genitore, siete il genitore. Quando fate il tennista siete il tennista. Quando andate in giro in vacanza siete un turista. Siete quel che fate nel momento in cui lo fate e nulla di più. Per il resto, siete un sacco di cose e se una finisce, ce ne sono un miliardo e forse più che continuano. Questo è l'approccio che ci dà più libertà di essere, cambiare, sperimentare e toglie molte delle paure legate ai fallimenti in ogni campo, dal lavoro al sociale.

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