I "vorrei" che ostacolano il cambiamento

Quando il "vorrei" ostacola progetti, cambiamento e miglioramento, scatta l'ora del "voglio"

Vorrei, ostacola cambiamento

Un metodo efficace e veloce per dare incisività e operatività alle nostre attività, ai nostri progetti e alle nostre aspirazioni, suggerisce di privilegiare l'uso del "voglio" al posto dell'evasivo "vorrei". E' un dato di fatto che ai bambini quando si tratta di avanzare delle richieste, si è soliti insegnare l'uso del "vorrei" anziché del "voglio", ciò accade soprattutto in ambiti diversi da quello famigliare.
Il "vorrei" viene considerato come una forma di educazione mentre il "voglio", erroneamente, porta con sé, un alone di arroganza e di prepotenza. Analizziamo bene le due coniugazioni del verbo "volere" e vediamo perché, l'uso gentile del "voglio" produce effetti talvolta insperati.

  • Io voglio, prima persona, indicativo presente di Volere, è l'affermazione perentoria di un qualcosa che si ritiene di voler assolutamente ottenere, si tratti di attenzione, del diritto di parlare o di un obbiettivo. 
  • Io vorrei, prima persona, condizionale presente, è invece, manifestazione di una pretesa, sottoposta però all'altrui accettazione o approvazione. 
La differenza è sostanziale e può fare una grande differenza quando ci si deve motivare a fare o dire qualcosa. Immaginate di dover intervenire durante un'accesa conversazione per mettere sul piatto il vostro autorevole parere. Esordire con un sorriso e un deciso "voglio condividere con tutti voi il mio punto di vista su questa situazione...", non lascia alcun margine agli altri interlocutori che saranno bene o male, costretti ad ascoltare il vostro intervento.
Diversamente, se vi approcciaste al dibattito con un "vorrei", l'effetto sarebbe di ben altro tipo lasciando aperta la porta ad eventuali dinieghi o sospensioni temporali. Il vorrei, porta con sé tutta una serie di variabili del tipo:

  • Vorrei-adesso? 
  • Vorrei-più tardi? 
  • Vorrei-se mi è concesso parlare! 
Quando si tratta di dar corso ad un progetto, relegato anche ad una sola giornata, ci imbattiamo nelle medesime dinamiche del "vorrei" e del "voglio". Facciamo un esempio: Appena svegli, rimanete un attimo sul letto e immaginate lo svolgimento del vostro giorno. Mettendo in fila ciò che dovete fare, se usate il "vorrei", tutte le cose pianificate con il condizionale, rimangono sospese proprio dal "condizionale" stesso. E' come se lasciaste aperta la porta della procrastinazione o a ogni sorta di contrattempo che potrebbe manifestarsi nell'arco delle 24 ore. Diversamente, scandire i propri impegni con un bel sonoro e corposo "voglio", accende la nostra volontà, quel muscolo che non ha bisogno che di un input per avviarsi e motivarci a portare a compimento quanto ci siamo prefissi.
Concludiamo con un indicazione per i genitori. Educare il bambino all'uso gentile del "voglio" lo esorta a sviluppare maggiormente la propria personalità e a misurarsi nel suo ambiente manifestando appieno quelli che sono i suoi desideri. "Voglio giocare anche io" ha un effetto diverso rispetto ad un "vorrei giocare pure io". "Voglio andare in bagno" non ha alcun elemento di maleducazione se detto con garbo e gentilezza. Non dobbiamo infatti confondere il volere con il pretendere che rimangono aspetti profondamente diversi. il "voglio" coinvolge il fondamentale muscolo della volontà ma aiuta il piccolo anche ad essere meno titubante quando si tratta di pronunciare una legittima richiesta.

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